Non potevo andare via dall’Irlanda con una lacrima, a meno che non fosse di gioia, e quella che avevo versato a Belfast non lo era. Dopo aver lasciato la città affollata e caotica ci siamo buttati nelle stradine di campagna che tanto abbiamo amato, come se fossero oasi nel deserto o un bicchiere di acqua e limone bevuto a mezzogiorno d’estate. La prima tappa in Louth è stata Monasterboice, un antico sito monastico fondato intorno al V secolo e poi caduto in decadenza.
Questo è un altro dei tanti miracoli d’Irlanda: il concetto di rovina e abbandono diventa sinonimo di magnificenza e splendore. Guardate con i vostri occhi!
Leggevo sulla piccola guida che ci avevano dato all’ingresso che il motivo principale dell’abbandono di questo sito fu la costruzione, intorno al 1140, dell’Abbazia di Mellifont, il primo monastero cistercense in Irlanda. Spinta dal desiderio di collegare la causa e l’effetto, cartina stradale alla mano, io e Stefano siamo andati alla ricerca di Mellifont.
L’abbiamo trovata dopo un po’, attraversando quel verde meraviglioso, per l’ultima volta. Siamo rimasti ad ammirare quel luogo spettacolare per ore. Non perché sia stato il sito archeologico più bello che avessimo visto in Irlanda, ma perché era l’ultimo e la voglia di riprendere l’autostrada per arrivare in aeroporto non c’era. Mi consolava il fatto che non ci sarebbe mai stata: il momento giusto per andare via dall’Irlanda non sarebbe mai arrivato.
Il viaggio verso l’aeroporto di Dublino è stato veloce, forse troppo. Riconsegnata la macchina ci siamo sistemati sulle poltrone del primo piano insieme a un gruppo di ragazzi che si erano appena conosciuti. Avremmo passato lì la notte, tra una pinta di Guinness, una partita a scopa e tanti caffè.
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